A seguito delle ormai ben note vicissitudini che hanno portato all’uscita di Zack Snyder’s Justice League (Zack Snyder, 2021), ossia la versione sognata, pensata e realizzata senza alcuna limitazione da parte della Major Warner dal regista americano e fortemente richiesta dal fandom al grido virtuale di #releasethesnydercut, è finalmente approdato sulle piattaforme streaming il mastodontico cinecomic dedicato ai giustizieri mascherati della DC Comics, riunitisi per far fronte a una nuova minaccia comune dopo l’incredibile dipartita di Superman – avvenuta in Batman v Superman: Dawn of Justice (Zack Snyder, 2016).

Il film, il cui nucleo narrativo sarà ben noto sia ai freschi fruitori del precedente Justice League (Joss Whedon, 2017), sia ai più fedeli conoscitori della saga fumettistica, sembra stavolta concentrarsi (come da tradizione snyderiana) sulla fibra – morale ed estetica – della vicenda, trascurando una storia tutto sommato elementare nella sua evoluzione e spostando l’attenzione sulla natura eccezionale dell’universo DC. Zack Snyder lo fa per mezzo di un’affabulazione affrancata da ogni regola narrativa: si sofferma, amplifica, dilata, accelera e sorvola, badando poco alla scansione e agli snodi della storia e rivolgendo lo sguardo sui corpi e i gesti dei protagonisti con l’atteggiamento di chi vuole pesare e celebrare ogni intenzione e azione a prescindere dalle circostanze che le hanno ispirate.

Il risultato è un poema epico per immagini che poco spiega e molto esibisce, che poco si serve dei personaggi secondari, relegandoli sullo sfondo, e molto si serve dello spazio e del tempo occupato dai protagonisti – quello saturo e frenetico di Batman, quello etereo e sospeso di Superman, quello rarefatto e scattoso di Wonder Woman, quello virtuale e ortogonale di Cyber, quello fluido e rallentato di Aquaman e infine quello sigillato e rapidissimo di Flash.

Zack Snyder's Justice Leaugue

Tutto è organizzato intorno agli eroi e per gli eroi, facendo assumere al mondo un aspetto quasi soffocante nel suo generale snaturamento, che finisce per assomigliare a un palco ristretto, artefatto ed esclusivo, e non solo a causa dell’impiego massivo della CGI…

Non che sia per forza un male, intendiamoci, si tratta di una caratteristica precipua del genere, a sua volta mutuata dal fumetto e perfettamente funzionale alla rappresentazione dei supereroi. Il problema è che se la striscia disegnata racconta per sottrazione facendo emergere il contenuto, sullo schermo le cose funzionano diversamente e l’universo in movimento che si staglia dietro e intorno ai personaggi deve necessariamente avvolgere, integrare ed esaltare, altrimenti l’effetto Dogville è dietro l’angolo e non con i medesimi esiti metaforici conseguiti da Lars von Trier.

Zack Snyder è senz’altro bravo – forse il più bravo – a sfruttare quello che, per molti cinecomic, rappresenta un limite e una minaccia alla credibilità, adottando in partenza uno stile molto grafico e servendosi perlopiù di inquadrature ravvicinate e campi stretti – stavolta ulteriormente valorizzati dall’insolito formato in 4:3 – che, uniti a un’estetica plumbea e un’atmosfera greve, contribuisce a rendere i personaggi iconici, proprio come nel poema epico.

Zack Snyder's Justice League

Eppure, nonostante l’impegno e la professionalità, il rischio di scadere nel ridicolo pare non completamente scongiurato. Se tale trattamento è infatti riservato ai protagonisti e alle loro vicende, diverso sembra essere l’approccio a un elemento che, specialmente nel cinecomic, appare di primaria importanza se si vuole garantire coesione e stabilità: l’assetto antagonistico.

Trovo che in un film come Justice League, tanto scrupoloso, “fisico” e agiografico quando si tratta di delineare gli eroi, non si possa offrire un contraltare così misero, composto da villain meccanici, privi di background e raffazzonati nell’aspetto e nei piani, o quantomeno capaci di emanciparsi dal risicatissimo copione a loro riservato.

Quando Darkseid, Steppenwolf e i parademoni occupano la scena – senza dubbio i momenti peggiori del film – l’effetto è quello di ritrovarsi in un videogame rigido e impersonale, ed è un peccato perché, invece, quando a parlare sono i drammi personali e le pulsioni dei supereroi – proprio come nell’insuperato Watchmen (2009), a tutt’oggi il miglior lavoro del Nostro, ma anche nel bistrattato L’Uomo d’acciaio (2013), capace di regalarci uno dei migliori Superman cinematografici di sempre – il film si muove su ben altro orizzonte di attesa.

Perciò, nonostante gli immani e anche dovuti sforzi di Snyder, questo Justice League resta un lavoro tanto imponente nella messinscena quanto scarso nella resa espressiva generale, in cui finiscono per stonare anche i siparietti lirici a cui il regista ci ha abituati, incapace di dare forza e significato alle gesta e giustificare così quattro ore di azione, con buona pace dei fan.



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